Intervista a Maria Pia Michelini
L'AUTRICE DEL ROMANZO "LA MECCANICA DELLE VITE POSSIBILI" SI RACCONTA
Benvenuta Maria Pia Michelini,
anzi, bentornata, perché "La meccanica delle vite possibili" è la tua seconda pubblicazione con NPS Edizioni.
Come ti senti? Sei emozionata?
Sì, sono contenta, piano piano il mio sogno di scrivere libri sta vedendo la luce.
Come è nata questa storia?
Beh, è nata per svista, diciamo così. Al Pisa Book Festival 2017, avevo ritirato il volantino presso lo stand dell'Associazione EWWA, dove si pubblicizzava un concorso: "STORIE DI RINASCITA. LE SFIDE E LE CADUTE, GLI OSTACOLI E I TRAGUARDI NEL CAMMINO DI UNA DONNA". Lo presi pensando che il tema rientrasse nelle mie corde ma non lo lessi con attenzione. Ricordavo che avrei dovuto consegnare il manoscritto entro la fine di dicembre e andai a ripescarlo durante la prima metà del mese. Un racconto, dissi tra me, faccio presto a scriverlo. Poi mi accorsi che si trattava di un concorso di testi che avessero come minimo 600 mila battute, non si trattava di un racconto breve, allora, non volendo rinunciarci, mi buttai a capofitto a creare una storia più articolata. Scrivevo in ogni spazio di tempo che avessi, ma non riuscii a completarla. Non sapevo come sarebbe finita. Non trovavo una conclusione. Ci rimasi malissimo. E la misi da parte. Poi...
Parliamo del libro che hai pubblicato con NPS Edizioni: "La meccanica delle vite possibili". Ci dai qualche informazione sulla trama?
Il ritorno di Lilly presso la casa natale, in occasione del funerale della mamma, innesca dinamiche inattese che si incastrano tra loro dando vita a soluzioni impreviste. La protagonista aveva lasciato la famiglia di origine all'età di quindici anni, seguendo il padre, meccanico appassionato di auto di rilievo, che aspirava ad una vita dal respiro più ampio. Quando torna a Dearborn, (Detroit), Lilly è una donna scolpita dalla sua non facile storia, che ritrova un clima che invece non è cambiato molto, né in famiglia né nella comunità dove i fratelli vivono ancora.
Con il tuo romanzo ci porti nell'America degli anni '60, come mai questa scelta? Ti affascina il periodo storico?
Sinceramente, no, non particolarmente. Ma è proprio vero che se un personaggio si fa avanti e ti chiede di scrivere di sé, ti porta dove vuole lui, non c'è verso. Si fa la sua carta di identità, sceglie ambientazione, periodo storico, personaggi satelliti, insomma, ho capito che non potevo che svolgere la storia proprio lì, in quel luogo, in quel tempo.
Quali sono, a tuo dire, i valori del romanzo?
Sono quelli su cui conto di più anche per la mia vita. Quello di riconoscere nella propria quotidianità, nelle proprie vicissitudini, un'opportunità per imparare qualcosa e per scegliere come rispondere a ciò che ci si presenta davanti.
Il valore di essere veri con se stessi e con gli altri. Il valore di riconoscere la propria unicità e difenderla, perché questo porta un risveglio anche nelle esistenze di chi ci sta accanto. Il valore degli ultimi, in cui ho sempre trovato anche per me dei maestri.
In quale (o quali) personaggio ti ritrovi particolarmente?
Vorrei dirti in Lilly, la protagonista, ma non sono ancora al suo livello, ci sto lavorando. Mi ritrovo anche in Alan, suo fratello maggiore, che non ha avuto una crescita facile e armoniosa, e nella forza di Martha, un personaggio che sosterrà Lilly nel suo lungo cammino.
A chi consiglieresti il tuo libro? E perché?
Lo consiglio a tutti, non solo a un pubblico femminile. A chi ha voglia di leggere una storia di persone fragili e forti, una storia ricca ma, almeno nel mio intento, leggera e per certi versi ironica, a chi ha voglia di provare a superare la timidezza e la paura di far brutte figure mentre vorrebbe affermare e difendere il proprio pensiero.
Grazie per essere stata con noi.