Leggende d'Italia: le sirene (pinne o piume?)
DEBORA PARISI PARLA DI QUESTE CREATURE LEGGENDARIE
Le sirene sono forse tra le creature più conosciute della mitologia greca: creature ammaliatrici, il cui canto conduce alla perdizione e alla morte. La loro origine cambia in base al mito: in alcune fonti erano le ancelle di Persefone che furono punite da Demetra per non aver aiutato la figlia a fuggire dal ratto di Ade. Vennero quindi trasformate in esseri metà uccello e metà donne e costrette a vivere nello stretto di Messina, dove ammaliavano i marinai e li conducevano a una fine dolorosa.
In altri miti, esse sono nate per partenogenesi dal sangue del dio fluviale Acheloo, dopo aver ingaggiato un combattimento con Eracle. L'eroe greco gli strappò un corno e da tre gocce di sangue nacquero tre sirene. In altre versioni furono donne o ninfe punite dalla dea Afrodite per non aver ceduto ai piaceri carnali e trasformate in esseri metà pesce.
Anche il loro nido è fonte di dibattito: alcune leggende narrano che vivessero nello stretto di Messina, altre che abitassero sull'isola di Antemoessa, che potrebbe essere identificato con Capri o Ischia.
Secondo il filosofo Proclo, invece, vi erano tre tipi di sirene: quelle celestiali di Zeus, quelle marine di Poseidone e quelle dell'oltretomba di Ade.
Qualunque sia la versione, una cosa è certa: l'aspetto delle sirene riflette la loro indole. Sebbene il volto e il petto siano quelli di donne meravigliose, il corpo di animale ci ricorda la natura pericolosa e imprevedibile. Inoltre il loro aspetto ricorda molto quello delle arpie, creature temibili a guardia del regno dei morti.
Ma ci sono delle differenze: le arpie sono esseri orribili, legati all'oltretomba e paiono essere nate così, mentre le sirene sono persone trasformate, hanno un volto meraviglioso e una voce suadente, mentre la loro natura le rende più delle predatrici che delle guardiane. Sarebbero identificate quindi come coloro che conducono alla morte piuttosto che custodi dei defunti. Potrebbe essere che tali mostri siano nati da un'origine comune che poi li divise in due categorie differenti. Nonostante ciò, avevano anche un ruolo positivo: consolavano i morti con il loro canto per aiutarli nel trapasso.
Anche sulle sirene originali vi è un dibattito: in alcune fonti ne menzionano tre, in altre pare fossero di più. Ad ogni modo le più famose sono Partenope, Leucosia e Ligea. Pare che dove la corrente trascinò i loro corpi, nacquero delle località: Napoli, l'isola di Licosa e Ligea, invece, arrivò fino alle coste calabresi, precisamente a Terina (città della Magna Grecia).
La loro rappresentazione più iconografica è quella di Omero, dove Ulisse decide di passare nel territorio delle sirene. Grazie al consiglio di Circe, ordina ai suoi uomini di mettersi dei tappi di cera nelle orecchie, mentre lui, che voleva conoscere il loro canto, venne legato al palo della nave e disse ai suoi uomini di non slegarlo per nessun motivo finché il pericolo non fosse passato. Ulisse poté così ascoltare il canto delle creature, senza andare incontro alla morte e la nave uscì indenne da quella terribile esperienza. Le sirene, umiliate, si suicidarono.
Il loro è un canto profetico. Le sirene sanno leggere il futuro e conoscono il passato, dicono di sapere cosa è successo durante la guerra di Troia. Il loro fascino coincide con la promessa di conoscenza proibita. Sotto questo aspetto la resistenza di Ulisse appare ancora più interessante data la sua sete di conoscenza e il significato della seduzione si arricchisce di concetti legati alla sfera del sapere. A differenza delle sirene acquatiche, più legate alla seduzione romantica e sessuale, quelle greche sembrano l'incarnazione di un Desiderio più ampio nel termine, soprattutto legato alla sete di conoscenza. Diventano quindi un faro irresistibile anche per l'anima più casta.
Ma perché le sirene persero le piume e svilupparono le pinne?
Pare che tutto sia nato da un errore di trascrizione nel Medioevo, influenzato dalle invasioni barbariche che diffusero i miti nordici e slavi. Nella prima ipotesi, qualcuno scambiò la parola latina "pennis" ovvero penna con "pinnis" che significa pinna. Un altro motivo potrebbe derivare dalla diffusione del Cristianesimo che vedeva queste creature come esseri del male. Dato che solo gli angeli potevano avere attributi quali le ali, si decise di cambiarle in pinne.
Le sirene quindi divennero creature acquatiche seduttrici, serve del maligno. Eppure non in tutte le leggende sono creature malvage, ad esempio nella fiaba pugliese "la sposa sirena", le creature salvano la moglie adultera gettata dal marito in mare e la rendono una di loro. Qualche mese dopo l'uomo si pente del suo gesto e riesce a trovare la moglie, chiedendole di ritornare da lui e promettendole di amarla. La donna pare accettare il suo pentimento ma le sirene si oppongono sia perché lo vogliono trasformare in un corallo sia perché non hanno perdonato ciò che ha compiuto alla loro sorella. Allora l'uomo chiede l'intervento delle loro rivali, le fate, per riprendersi la moglie. Insomma, pur essendo una fiaba presenta diverse situazioni grigie e complesse.
Altra situazione ambigua viene narrata in una storia de Lo cunto de lo cunti, chiamata "Le pizzette", la zia invidiosa della protagonista getta la nipote in mare ma quest'ultima viene salvata da una bellissima sirena. Sembrerebbe portare a un lieto fine alla ragazza, invece la sirena la schiavizza, legandola a una catena e permettendole di salire la superficie solo per qualche ora. Certo, la protagonista riuscirà a liberarsi grazie all'aiuto di un re, ma è evidente di come questo rapporto possa essere interpretata come una relazione tossica. La ragazza "fugge" da una situazione familiare insostenibile, per poi incapparsi una trappola relazionale. Che abbia provato un sentimento d'amicizia o romantico, la sirena inizialmente salvatrice, si rivela una persona gelosa e possessiva che vuole la protagonista tutta per sé, minando alla sua libertà personale. Quindi è un personaggio ambiguo, sia carnefice e salvatrice. Un peccato che Gian Battista Basile si sia soffermato poco sul rapporto di questi due personaggi.
In una leggenda veneziana, le sirene insegnarono l'arte dei merletti agli umani, mentre a Viareggio si narra di una sirena arenata morta tra le braccia di un pescatore. L'uomo per commemorare quella bellissima creatura, fece costruire una bara di cristallo bordata d'oro e la seppellì con i migliori onori funebri. Quest'ultima storia è stata resa una canzone da Joe Natta.
Le sirene appaiono nella storia di "Cristalda e Pizzomunno", dove assumono il ruolo di antagoniste nella tragica storia d'amore. Fiaba interessante è il "Principe Granchio", dove una principessa si innamora del granchio della sua peschiera, in quanto principe maledetto da una fata del mare. Qui la sirena è sostituita da una fata/ninfa volubile e amante della musica, che schiavizza un povero ragazzo per farlo suo e pone alla sua rivale una prova mortale. Insomma, una fiaba condita coi frutti di mare.
In alcune leggende lucchesi si narra che Federico II di Svevia si scontrò il popolo delle sirene, cacciandolo negli abissi. Tale leggenda viene riportata nel racconto "Il guardiano degli oceanini" di Alessio del Debbio, presente nell'antologia "L'ora del Diavolo" (NPS Edizioni).
Altre creature italiane che potrebbero essere paragonate alle sirene in quanto seduttrici possono essere le fate, tra cui Morgana, le anguane, alcune streghe, le ninfe, incubus, succubus e certi tipi di fantasmi come la Dama Nera.
Le sirene compaiono anche nei racconti delle antologie di "Bestie d'Italia" (NPS Edizioni).
Nel racconto di Debora Parisi "Fuga da Malaperla" le sirene hanno un ruolo centrale nelle leggende che si mormorano tra i carcerati dell'isola. Nonostante gli avvertimenti di un compagno di cella traumatizzato, il criminale Caruso decide di sfidare la sorte e organizzare una fuga. Purtroppo scoprirà a sue spese che in ogni leggenda c'è un fondo di verità. In quello di Alessandra Leonardi, "Il giorno della taranta", compare la sirena pugliese Leucasia.
(articolo di Debora Parisi)